Nell’ambito dei vari approcci psicoterapeutici la terapia sistemico – relazionale vede il disagio psichico come il risultato di uno squilibrio che si crea nei sistemi in cui l’individuo vive le proprie relazioni significative (tipicamente la coppia, il nucleo familiare, la famiglia allargata).
Tale squilibrio genera tensioni emotive che possono condurre al sintomo, visto in questa ottica come l’espressione di una disfunzione delle relazioni, metafora del conflitto psichico che si cela nell’individuo.
Pertanto l’individuo attraverso il sintomo si fa portavoce di una istanza che coinvolge in realtà i vari componenti della famiglia. Ecco perché si parla di “funzione del sintomo” all’interno del sistema relazionale in cui l’individuo è inserito.
Gli strumenti utilizzati sono l’analisi della posizione della famiglia rispetto al proprio ciclo vitale, ovvero l’individuazione dei cambiamenti nodali che i membri hanno affrontato o stanno affrontando lungo la storia familiare, l’analisi delle modalità comunicative fra i vari membri, l’acquisizione e la definizione dei vari ruoli e la delimitazione dei confini tra le generazioni, l’analisi del significato che il sintomo porta nel sistema famiglia.
La psicoterapia sistemico – relazionale trova quindi il suo campo privilegiato di intervento nella terapia di coppia e nella terapia familiare, ma può anche essere condotta con l’individuo mantenendo il fuoco dell’attenzione sui sistemi relazionali in cui questi è inserito.
Nel lavoro con l’individuo, con la coppia o con la famiglia intera, l’obiettivo che si pone la psicoterapia sistemico – relazionale è quello di introdurre una nuova organizzazione, più funzionale, in quei sistemi familiari dove blocchi evolutivi nel ciclo vitale, confusione nei ruoli, mancanza di confini tra le generazioni hanno prodotto sofferenza psicologica espressa attraverso il sintomo in uno o più membri.
Potremmo dire che la terapia sistemico – relazionale vuole riattivare un percorso di evoluzione della famiglia e dell’individuo aiutando i pazienti a sviluppare le proprie
risorse celate dal malessere, sperimentare nuove possibilità, nuove modalità di comunicazione, nuovi modi di vedersi e di vedere l’altro, nuovi progetti di vita.
Il disagio, infatti, molto spesso nasce dal rimanere legati a vecchi schemi relazionali che ad un certo punto non si conciliano più con la situazione attuale della famiglia, oppure dal rifiutarsi di assolvere ai compiti evolutivi che la vita richiede perché ritenuti troppo gravosi ed emotivamente insostenibili.
Quando si cerca di resistere al cambiamento, alla crescita personale o dell’altro, alla “perdita” di riferimenti emotivi e affettivi per qualcosa di nuovo, allora si spegne la nostra spinta vitale, si blocca l’energia che porta l’uomo alla piena realizzazione del proprio sé e si genera sofferenza.