Lo studio di terapia familiare (tecnicamente il “setting terapeutico”) deve essere idoneo all’utilizzo di questa metodologia psicoterapeutica attraverso alcuni accorgimenti nell’arredo così come per l’utilizzo di particolari strumenti. Lo studio dove opero è stato pensato con tutte le caratteristiche riportate di seguito e può essere messo a disposizione di colleghi che necessitino di questo tipo di spazio.
È importante infatti vedere l’utilizzo dello spazio dello studio come metafora dello spazio e del ruolo che le persone occupano all’interno della famiglia e il terapeuta può comprendere molte cose riguardo al funzionamento della famiglia attraverso il posizionamento all’interno della stanza di terapia.
Dovendo prevedere la partecipazione di interi nuclei familiari e del terapeuta con eventuale coterapeuta, deve avere delle dimensioni congrue per ospitare anche 6-7 persone contemporaneamente. L’arredo è semplice, in genere composto da comode sedie messe in cerchio. In mezzo al cerchio può esserci o meno un tavolino basso, tale quindi da non frapporsi troppo tra le persone che anche nel loro posizionamento nella stanza devono poter sperimentare interazioni dirette, senza ostacoli che possono essere rappresentati anche da elementi di arredo ingombranti. È importante infatti vedere l’utilizzo dello spazio dello studio come metafora dello spazio e del ruolo che le persone occupano all’interno della famiglia e il terapeuta può comprendere molte cose riguardo al funzionamento della famiglia attraverso il posizionamento all’interno della stanza di terapia.
Le sedie devono essere facilmente spostabili poiché il terapeuta può, durante gli incontri, chiedere ai pazienti di spostarsi, di alzarsi, di cambiare sedia (gli spazi e le distanze tra le persone in seduta sono anche spazi e distanze “psicologiche” che il terapeuta può cercare di modificare anche fisicamente con il suo intervento). In alcuni interventi può essere opportuno anche escludere le sedie (ad esempio in un momento di gioco con i bambini presenti).
Di grande importanza è la presenza dello specchio unidirezionale, ovvero un vetro che divide la stanza di terapia da un’altra stanza: i pazienti vedono uno specchio, mentre chi è nell’altra stanza può vedere ciò che accade durante la seduta. Questo strumento viene utilizzato soprattutto nelle terapie con supervisione diretta in cui un altro psicoterapeuta osserva ciò che accade da un punto di vista esterno, potendo così notare eventuali passaggi poco chiari, fasi di impasse della seduta o semplicemente elementi che i terapeuti in seduta possono aver trascurato. Quando accade ciò il supervisore può chiamare il terapeuta attraverso un interfono che collega le due stanze e dare le indicazioni che ritiene opportune. Ovviamente le due stanze devono essere collegate attraverso un impianto audio che permetta anche di ascoltare ciò che viene detto. Di grosse utilità è anche la possibilità di videoregistrare le sedute per poter essere riviste e analizzate dai terapeuti coinvolti (terapeuta, coterapeuta, supervisore).
In genere i pazienti, dopo essere stati informati della presenza del supervisore e averlo conosciuto prima della seduta, non sono poi “disturbati” da questo “occhio amico” che li aiuta nel loro percorso da dietro lo specchio.
Il setting appena descritto si adatta anche ad eventuali consulenze tecniche e perizie perché offre gli spazi adeguati a CTU e CTP (vedi la pagina sulla consulenza tecnica) e da la possibilità di raccogliere tutto il materiale peritale raccolto.