Bullismo, gli interventi nella scuola

1 L’approccio curriculare: inserimento di attività all’interno del normale programma didattico che abbiano come argomento il bullismo o, più in generale, le relazioni tra le persone. Vi sono oggi tutta una serie di stimoli culturali sperimentati nelle classi che vanno dalla letteratura, alla storia, all’arte, alla matematica e che diventano strumenti per iniziare una riflessione sui problemi relazionali tra coetanei, facilitare l’acquisizione di una maggior consapevolezza di quello che succede nei rapporti fra le persone e le conseguenze che una relazione disfunzionale può avere nel singolo e nell’ambiente di vita di ciascuno. L’approccio curriculare è un tipo di intervento molto incisivo ma che richiede una certa preparazione degli insegnanti nell’affrontare certi argomenti. In sostanza si tratta di reperire materiale (libri, articoli, poesie, fatti storici, fatti di cronaca, film ecc.) che stimoli la discussione a livello del gruppo-classe, anche attraverso lavori in piccoli gruppi, o attraverso degli elaborati scritti e che porti a riflettere sulle problematiche della violenza, della prevaricazione, del razzismo fino alle relazioni quotidiane fra bambini e fra ragazzi. 

Inserire queste attività nella normale programmazione didattica crea nella comunità scolastica un substrato di conoscenza in più, poiché il materiale raccolto rimane, è riutilizzabile anche in futuro, entra a far parte della “proprietà culturale” dell’istituto, svincola anche la scuola da un intervento specialistico esterno permanente ed offre uno strumento per portare avanti la discussione negli anni a venire.

2 Educazione emotivo-relazionale: Un intervento che richiede uno sforzo organizzativo minore semplicemente perché a condurre il lavoro con le classi è direttamente lo Psicologo attraverso incontri in cui fare esperienza di stati emotivi, vissuti, relazioni per aumentare il “vocabolario” delle emozioni e dare voce a sentimenti e stati affettivi difficilmente esplicitabili. L’idea di fondo è che potenziare le abilità sociali e comunicative dei bambini possa portare ad una più precisa percezione degli aspetti relazionali legati alle interazioni quotidiane. Quindi una migliore conoscenza dell’altro e di se stessi come fattore di prevenzione di comportamenti disfunzionali. I temi che verranno trattati in questi incontri riguardano la conoscenza di se stessi e dei propri vissuti, la conoscenza dell’altro e lo sviluppo di capacità empatiche, la riflessione sulle relazioni e sugli stili relazionali che possiamo incontrare e l’analisi di strategie per migliorare le relazioni all’interno del proprio ambiente scolastico e di vita.

E’ importante notare che il bullismo è il sintomo che qualcosa non va nello stile relazionale sia del bullo che della vittima, ma evidenzia una carente capacità degli altri componenti della classe di contrastare questo tipo di comportamenti. Specialmente in età preadolescenziale e adolescenziale l’identità personale si va costituendo così come lo stile relazionale proprio di ciascuno. Spesso l’assunzione di nuovi ruoli e nuove responsabilità non si accompagna ad una maturazione emotiva e affettiva adeguata, per cui si possono insinuare nel sistema di valori che si sta formando alcuni elementi disfunzionali. La prepotenza così come la sottomissione possono diventare elementi stabili della convivenza sociale, una sorta di regolamento del vivere nella comunità secondo leggi che, in realtà, possono arrecare danno al ragazzo che sta crescendo.

Un’educazione alla relazione, alla vita sociale, ma anche al riconoscimento delle proprie emozioni e dei propri vissuti può risultare molto efficace proprio per contrastare quei fenomeni che mettono in luce una certa difficoltà di inserirsi con modalità appropriate nella comunità (prima fra tutte quella scolastica). Sotto questa prospettiva tanto il bullo quanto la vittima risultano deficitari di competenze relazionali adeguate e li pongono a rischio anche per il futuro. Per questo l’intervento deve porsi nell’ottica di sostegno alla crescita del ragazzo, stimolando la riflessione sul modo più efficace di approccio all’altro, nella ricerca comune di strategie per stare meglio nell’ambiente che si condivide. Lo sforzo, quindi, è quello di non vedere più il bullo come il carnefice da punire né la vittima come la persona debole da compatire, bensì porre entrambi come protagonisti di questa crescita, come persone capaci di apportare qualcosa di positivo nella costruzione della comunità.

Inoltre anche la comunità scolastica intera (ovvero insegnanti, dirigenti, personale non docente, alunni) potrebbe adottare una vera e propria “politica anti-bullismo” che nasca dalla riflessione comune su come fare per migliorare il benessere delle persone che vivono in questa comunità. È fondamentale una strategia forte di partecipazione attiva, di coinvolgimento delle parti, di dialogo.

Nei due tipi di interventi descritti (approccio curriculare e educazione emotivo-relazionale) non c’è un lavoro diretto sulla vittima o sul bullo. È altresì auspicabile che si crei uno spazio in cui questi ruoli vengano messi da parte per affrontare le varie tematiche in un clima collaborativo non condizionato da episodi passati e status acquisiti. Ciò fa già parte della strategia di prevenzione delle prepotenze, poiché permette a bulli e vittime di pensarsi con modalità comportamentali diverse dalle abituali, dove vengono valorizzati i contributi positivi e la partecipazione al miglioramento del clima della classe.

3 Supporto tra pari: (in Inglese peer support) intervento in cui un gruppo di bambini o ragazzi all’interno della scuola (in genere almeno 2 per classe) seguono degli incontri di formazione condotti dallo Psicologo per diventare supporters (la traduzione italiana che è stata usata da Menesini (2000) è “operatori-amici”) ovvero compagni che possono farsi vicino alle persone che incontrano problemi di bullismo o di altro genere all’interno della comunità scolastica. L’idea parte da una serie di ricerche fra cui Smith, Talamelli et al. (2004) che ha rivelato una grossa difficoltà, per le vittime, a cercare aiuto negli adulti per paura della vendetta del bullo mentre sembra più semplice aprirsi a compagni che possano ascoltare e dare loro sostegno per affrontare il problema in maniera efficace. Lo sviluppo delle capacità empatiche e di ascolto attivo attraverso un training specifico, favorisce, anche in ragazzi molto giovani, l’acquisizione di competenze sociali che possono essere messe a servizio degli altri compagni. Questo tipo di intervento ha rivelato la sua efficacia in decine di scuole inglesi che hanno sperimentato come il clima della scuola possa migliorare con la presenza di coetanei a cui rivolgersi in situazioni di difficoltà. Il vantaggio di questo approccio è il forte investimento nella popolazione scolastica che si trova ad essere in prima linea contro il bullismo; vi è un miglioramento nel senso di responsabilità di ciascuno, una tensione diffusa verso azioni di promozione all’interno della scuola per favorire un’atmosfera in cui l’atto di bullismo venga riconosciuto e scoraggiato perché rifiutato dal sistema di norme che gli studenti stessi si sono dati.


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Lorenzo Talamelli

Dott. Lorenzo Talamelli
Psicologo Psicoterapeuta
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